Pila a colonna
Nella lettera a Sir Joseph Banks, presidente della Royal Society di Londra, datata 20 marzo 1800, Volta descrive accuratamente la costruzione di un nuovo strumento da lui stesso inventato e denominato organo elettrico artificiale: «Mi procuro qualche dozzina di piccole lastre rotonde o dischi di rame, di ottone, o meglio di argento, su per giù di un pollice di diametro (come ad esempio, monete) e un numero eguale di dischi di stagno, o, ciò che è molto meglio, di zinco, della medesima forma e presso a poco della stessa grandezza: dico presso a poco perché non è necessaria una assoluta precisione, e, in generale, la grandezza, come la forma, dei dischi metallici è arbitraria: bisogna soltanto che essi si possano disporre comodamente gli uni sugli altri in forma di colonna.
Preparo inoltre un numero assai grande di dischi di cartone, di pelle, e di qualche altra materia spugnosa, capace di assorbire e ritenere molto dell’acqua o dell’umore di cui bisognerà che per il successo delle esperienze esse siano ben inzuppate. Queste fette o dischi, che chiamerò dischi inzuppati, li faccio un po’ più piccoli che i dischi o piatti, metallici, affinché, interposti tra questi nel modo che dirò subito, esse non sporgano. Avendo sotto mano tutti questi pezzi in buono stato, cioè a dire i dischi metallici ben adatti e secchi, e gli altri non metallici ben inzuppati d’acqua semplice, o, ciò che è molto meglio, di acqua salata, e asciugati in seguito leggermente, in modo che l’umore non sgoccioli, non ho che da disporli come conviene; e questa disposizione è semplice e facile.
Pongo dunque orizzontalmente su una tavola a base qualunque, uno dei piatti metallici, per esempio uno d’argento, e su questo primo vi adatto un secondo di zinco; su questo secondo adatto dei dischi inzuppati, poi un altro piatto d’argento, seguito immediatamente da un altro di zinco, al quale faccio succedere ancora un disco inzuppato. Continuo così nella stessa maniera, accoppiando un piatto d’argento con uno di zinco, e sempre nel medesimo senso, cioè a dire, sempre l’argento sotto e lo zinco sopra; o viceversa, secondo come ho incominciato e interponendo a ciascuna di queste coppie un disco inzuppato, continuo, dico, a formare con parecchi di questi strati una colonna tanto alta che si possa sostenere senza crollare.
Ora, se questa colonna arriva a contenere circa 40 di questi strati o coppie di metalli, essa sarà già capace, non solamente di far dare dei segni all’elettrometro di Cavallo, fornito del condensatore oltre i 10 o 12 gradi, di scaricare questo condensatore, con un semplice contatto al punto di fargli dare una scintilla ecc., ma anche di colpire le dita con le quali si toccano le due estremità (la testa e il piede di una tale colonna), d’uno o di più piccoli colpi, più o meno frequenti, secondo che si ripetono questi contatti.”
Tale strumento imitava gli effetti di una bottiglia di Leyda ma, a differenza di questa, non doveva essere caricato ogni volta che lo si voleva utilizzare; in altre parole esso produceva una “circolazione senza fine del fluido elettrico” che “può parere un paradosso, può essere inesplicabile: ma essa non è peraltro meno vera e reale e si tocca per così dire con mano».
Nel seguito della lettera, scritta in francese, l’organo elettrico artificiale è detto anche “appareil à colonne” che i francesi modificarono in “appareil à pile”, da cui il nome di ‘pila”.