Fluido elettrico e galvanico
Luigi Galvani, professore bolognese di anatomia, nell’effettuare esperimenti di condizione elettrica su rane scorticate, nota che si possono ottenere contrazioni muscolari applicando un arco bimetallico che colleghi i nervi lombari e i muscoli della coscia. La conclusione che ritiene di trarre da questo esperimento è che vi è un’elettricità animale che si è accumulata nella rana e che si è scaricata attraverso l’arco.
Volta plaude dapprima alla scoperta, che cerca di confermare ripetendo gli esperimenti. Le ripetute analisi e le rigorose misurazioni lo convincono che il disequilibrio elettrico è dovuto al contatto dei due metalli, la rana agendo come elettroscopio rivelatore: è inesatto affermare che nella rana si sia condensata dell’elettricità.
Galvani non si arrende: si accende una disputa tra galvaniani e voltiani che continuerà dopo la morte di Galvani. Il dibattito spinge Volta a realizzare altri esperimenti per sostenere la sua tesi. Nel 1792 dà notizia all’abate Tomaselli di una sua importante scoperta: dal contatto di conduttori diversi sprigiona elettricità. Scopre le caratteristiche dell’elettricità continua mediante esperimenti con coppie elettromotrici a dischi e a bicchieri.
Galvani insiste, malgrado Volta sia riuscito a ottenere le contrazioni della rana senza l’arco metallico, e cerca di confermare le sue tesi togliendo i due metalli: Volta spiega il risultato che sembra favorire Galvani: nervi e muscoli sono corpi differenti e anche per essi vale il principio del contatto. Decide di togliere di mezzo la rana. Volta, che nel 1796 aveva enunciato al Professor Gren il principio generale dell’elettricità per contatto, ripete l’esperimento con diversi tipi di metalli e di sostanze liquide. Arriva così alla scoperta della Pila.
Sovrapponendo dischetti di zinco (polo negativo) e di rame (polo positivo) e dischetti imbevuti di una soluzione acidulata ottiene un «organo elettrico artificiale», la Pila appunto: può così smentire Galvani, ma anche, risultato ben più importante, provare che le piastre sono dei conduttori «debolmente carichi, che agiscono incessantemente, in modo che la loro carica si ristabilisce da sé dopo ogni scarica; che, in una parola, forniscono una carica illimitata, ovvero provocano un’azione e propulsione perpetua del fluido elettrico». È la scoperta della corrente elettrica (continua).
Volta ha poi intuito, molti anni prima che il problema si ponesse in termini scientifici, la possibilità di trasmettere l’elettricità a distanza.