Scienziati | Età napoleonica

Gli scienziati nell'età napoleonica

Gli scienziati nell'età napoleonica

Amedeo Avogadro, chimico e fisico italiano (1776- 1856).
In due memorie del 1811 e del 1814 puntualizzò la differenza tra atomi (“molecole elementari”) e molecole (“molecole integranti”), ed enunciò l’ipotesi che volumi uguali di gas, a parità di temperatura e pressione, contengono lo stesso numero di molecole. L’ipotesi fu all’inizio avversata e rimase poi praticamente ignorata fino al 1858, quando S. Cannizzaro ne dimostrò il grande valore.
A riconoscimento dell’importanza di questo contributo, fu successivamente chiamato “numero di Avogadro” il numero di molecole contenute in una grammomolecola di qualsiasi sostanza: 6,02 x 1023.

 

John Dalton, chimico, matematico e fisico inglese (1766- 1844).
Come già Newton e altri scienziati del Settecento, sostenne che ogni cosa fosse costituita di atomi indistruttibili.
La sua teoria atomica, grazie al rigore matematico che egli seppe darle, fu lo strumento mediante il quale la chimica divenne una scienza quantitativa. Studiò la comprimibilità delle miscele gassose ed enunciò la legge che porta il suo nome sulla somma delle pressioni parziali, legge a cui Volta era pervenuto indipendentemente alcuni anni prima. La sua opera più importante, in cui formulò la teoria atomica, è il New system of Chemistry (1808). Studiò su se stesso la malattia oggi nota come dìscromatopsia o daltonismo.

 

Humphry Davy, chimico e fisico inglese (1778- 1829).
Nel 1 799 scopri l’effetto esilarante del protossido d’azoto.
Fu tra i primi scienziati a interessarsi della Pila di Volta.
Nel 1800 pubblicò un primo lavoro di elettrochimica e successivamente cercò di interpretare le teorie tradizionali dell’affinità chimica in termini di attrazione elettrica.
Realizzò numerose decomposizioni chimiche e scoprì il sodio e il potassio (1807), il bario e altri elementi. Nel 1815 inventò le lampade di sicurezza per i minatori.
Conferenziere di grande successo alla Royal Institution, divenne Presidente della Royal Society alla morte di Joseph Banks (1820) e nel 1818 fu fatto baronetto.

 

Hans—Conrad Escher von der Linth, naturalista, idraulico, cartografo e uomo politico svizzero (1767-1823).
Effettuò la prima ricognizione sistematica delle Alpi attraverso un ampio programma di vedute dal vero, in gran parte “panorami”, che rendono con straordinaria precisione e rigore scientifico la geologia del territorio.

 

Jean-Baptiste Fourier, matematico e fisico francese (1768-1830).
Il suo nome è legato alla formulazione della teoria analitica del calore (Théorie analytique de la chaleur, 1822), primo esempio di una teoria fisica che, fondandosi sulla nozione di trasmissione di un flusso, supera il tradizionale modello newtoniano dell’azione a distanza.
In analisi matematica introdusse i cosiddetti “sviluppi di Fourier”, che consentono di rappresentare funzioni mediante serie trigonometriche.
Partecipò alla spedizione d’Egitto e fu segretario dell’Institut d’Egypte, fondato al Cairo da Napoleone (1798).

 

Louis Joseph Gay-Lussac, chimico e fisico francese (1778-1850).
Il suo primo lavoro del 1802, riguardava l’espansione termica di alcuni gas, tra cui l’aria, l’idrogeno, l’ossigeno, l’ammoniaca e i gas dell’acido solforoso. I suoi esperimenti mostrarono che tali gas si espandevano in modo uguale, a pressione costante, per un’uguale variazione di temperatura.
La legge, oggi nota come legge di Charles e Gay-Lussac, era stata anticipata da J.A. Charles nel 1787, ma non era stata mai pubblicata.
Un analogo comportamento era stato anticipato nel 1791/92 da A. Volta con studi sull’aria. Alla stessa conclusione arrivava indipendentemente nello stesso anno(1802) J. Dalton.
Nel 1808 formulò la legge che stabilisce che, quando dei gas si combinano, i loro volumi stanno tra loro (e con il prodotto, se gassoso) in rapporti semplici.

 

Jean-Baptiste Lamarck, botanico, zoologo, studioso dell’evoluzione e paleontologo francese (1744-1829). Nel 1800 e nel 1802 espose per la prima volta le sue idee sull’evoluzione delle specie organiche, in base alla quale i mutamenti introdotti nell’individuo per effetto dell’ambiente o dell’abitudine vengono ereditati dalle generazioni successive.
Nella Philosophie zoologique del 1809 riprese sistematicamente la sua teoria, che si può riassumere schematicamente in due regole:
1. Regola dell’uso e del non uso degli organi: il bisogno crea l’organo necessario; l’uso lo rende forte e lo fa crescere viceversa il difetto d’uso comporta l’atrofia e la scomparsa dell’organo inutile,
2. Regola dell’eredità dei caratteri acquisiti: il carattere acquisito sotto l’influenza dell’ambiente è trasmesso con la riproduzione.

Pierre-Simon de Laplace, astronomo, matematico e fisico francese (1749-1827).
In Exposition du système du monde (1796), formulò la celebre ipotesi sulle origini del sistema solare a partire da una nebulosa rotante, ipotesi analoga a quella formulata nel 1755 dal filosofo I. Kant e perciò detta di Kant-Laplace. Il suo capolavoro è il Traité de méçanique céleste, opera in cui si propose di ridurre l’astronomia a un particolare campo della meccanica. Egli vi espose le sue ricerche sul moto dei corpi celesti, sulle perturbazioni delle orbite planetarie e sulla stabilità del sistema solare. Vi presentò altresì la cosiddetta “equazione di Laplace”. Nella Théorie analyti des probabilités Laplace fornì la più completa e profonda sistemazione del calcolo probabilistico.
Nell’Essai posto a prefazione dell’opera nel 1814 egli formulò la celebre ipotesi dell’intelligenza onnicomprensiva, per cui “nulla sarebbe incerto e l’avvenire, come il passato, sarebbe presente ai suoi occhi”.