Il condensatore
Intorno al 1780 Volta nota che lo scudo carico di un elettroforo, appoggiato sulla superficie di alcuni materiali scarsamente conduttori, come il marmo o il legno, anziché dissipare la propria elettricità la conserva meglio che isolato in aria. Si convince che l’afflusso di carica, reso possibile dalla natura di questi materiali, sulla superficie prossima a quella dello scudo richiama carica sulla superficie affacciata di quest’ultimo.
Due dischi metallici, delle stesse dimensioni, così che uno può essere sovrapposto all’altro in modo da combaciare perfettamente, compongono quello che Volta stesso chiama “condensatore di elettricità”. Un piedistallo isolante sostiene uno dei due dischi, mentre l’altro dispone di un manico isolante, come lo scudo dell’elettroforo. Una sottile vernice isolante impedisce il contatto metallico tra le due superfici.
Se uno dei due conduttori viene caricato sul secondo, parallelo e messo a terra, viene indotta elettricità di tipo opposto, “senza trasmissione di elettricità”, per contatto. Queste cariche, di tipo opposto, richiamate sulle superfici affacciate dei due dischi, vi rimangono “condensate” per effetto dell’attrazione reciproca. La loro presenza si manifesta sulle pagliuzze di un elettroscopio solo allontanando i due piattelli.
Con un apparato progettato allo scopo è lo stesso Volta che osserva e annota come questa “capacità” si riduca allontanando i piattelli e cresca aumentandone la superfice.