Il metano

Durante le vacanze estive del 1776 sul Lago Maggiore, mentre in barca costeggiava i canneti presso Angera, frugando con un bastone il fondo melmoso dell’acqua, Volta vide salire a galla e poi svanire nell’aria bollicine gassose in gran copia.

Frontespizio delle Lettere sull’aria infiammabile delle paludi (Milano 1777)

Frontespizio delle Lettere sull’aria infiammabile delle paludi (Milano 1777)

Raccolto tale gas, ne scoprì il carattere infiammabile. «Quest’aria arde assai lentamente con una bella vampa azzurrina». Si trattava di un nuovo gas diverso dall’aria infiammabile metallica (idrogeno) già nota: «[…] questo, infatti, giugne a scoppiettare col massimo strepitio e rumore ove venga frammischiata con un volume di aria comune doppio del suo; quella all’incontro s’infiamma e scoppia col massimo vantaggio se ad una misura aggiungasi le otto di comune.»[Op. VI, p. 30]

Incipit della Prima Lettera sull’aria infiammabile delle paludi (Milano 1777)

Incipit della Prima Lettera sull’aria infiammabile delle paludi (Milano 1777)

A questa nuova aria Volta diede il nome di aria infiammabile nativa delle paludi. Si tratta di quello che oggi noi chiamiamo metano, la cui scoperta deve quindi essere attribuita al Volta. Avendo poi verificato la presenza di tale gas in tutte le paludi, ne attribuì l’origine a fenomeni di decomposizione. Volta pensò subito a un utilizzo pratico della sua aria infiammabile in considerazione del fatto che essa era presente in grande quantità in molti luoghi.

Incipit della Seconda Lettera sull’aria infiammabile delle paludi (Milano 1777)

Incipit della Seconda Lettera sull’aria infiammabile delle paludi (Milano 1777)

«Dirò, […] che ho talvolta ruminato, se vi fosser mezzi onde far un uso economico dell’aria infiammabile, sostituendola es. gr. all’olio ec.: che ho pensato a inzuppare di quest’aria dei corpi molto porosi, della terra, e farne una specie di torba artificiale ec. A tutto ciò, e ad altre cose ho, dico, pensato, ma non le ho peranco a dovere sperimentate: chè a tali sperienze ho veduto richiedersi molto tempo e molte disposizioni, e ingegni e macchine, che or non ho. Mi propongo bene a miglior agio di dirigere varj tentativi a tal oggetto. L’andar questi a voto non sarà una perdita per me; mentre anche le inutili sperienze, ed i riconosciuti errori giovano al Fisico, e al Filosofo.»